Durante il XVIII secolo le vecchie confraternite medievali dei costruttori di cattedrali, si trasformarono in società segrete votate al miglioramento morale e umano dei propri membri. Una delle principali difficoltà in cui s’imbattono gli storici che studiano la massoneria è la presenza al suo interno di varie correnti, da quelle teiste – che accettano l’esistenza della divinità – a quelle laiche. Questo ha dato adito allo sviluppo di diverse teorie sull’origine di tale associazione, anche se il punto di partenza storico documentato sono i costruttori delle cattedrali medievali.
Il termine ‘massoneria’ (‘frammassoneria’), entrato nel lessico italiano agli inizi del Settecento, traduceva la voce francese franc-maçonnerie, derivata a sua volta dall’inglese free-masonry (donde il tedesco Freimaurerei e le relative voci in tutte le altre lingue). Tale termine designa sia l’istituto associativo – la società dei frammassoni – sia il corpo dottrinario che ne definisce la struttura e i fini. I ‘fratelli’ che ne fanno parte sono detti ‘frammassoni’ (o ‘frimesson’, nei documenti toscani del primo Settecento), poi abbreviato in ‘massoni’, a indicare quei muratori che, attraverso una procedura iniziatica, accedono alla ‘libertà’ (privilegio) della corporazione, e perciò sono liberi (free, franc, frei). La massoneria fa dell’architettura il fine dell’arte, e dell’architetto il creatore di forme corrispondenti all’idea divina del macrocosmo; poiché l’arte muratoria (il lavoro della pietra, la costruzione di un edificio, ecc.) e i suoi strumenti (squadra, compasso, livella, grembiule) assurgono a simboli di conoscenza esoterica, è invalsa la distinzione tra massoneria ‘speculativa’ e massoneria ‘operativa’: la prima come complesso di tradizioni proprie delle associazioni corporative e artigianali dei costruttori, e la seconda come movimento che, abbandonando le antiche strutture delle associazioni corporative, sviluppa un proprio corpus ideologico a partire dal XVIII secolo. L’opera del massone è l’ideale ricostruzione del Tempio di Gerusalemme, la dimora di Dio, nel quale si realizzò un progetto frutto della umana cooperazione al disegno divino: la rievocazione dell’opera, accompagnata da un ricco apparato simbolico, consente la scoperta dei fini di Dio nelle sorti dell’umanità e la formazione di un invisibile sacerdozio per un rito dai caratteri ora simbolici ora magici. La loggia (lodge), il luogo di incontro e di riposo dei ‘muratori’, assume così una dimensione simbolico-liturgica. In essa, che è arredata come una cappella, si compie il rito iniziatico dell»apprendista’: questi deve dapprima spogliarsi di ogni metallo, e dopo aver risposto alle domande di un catechismo (verifica formale del suo desiderio di ‘cercare la luce’ e della sua disposizione ad affrontare le prove preliminari) deve sottoporsi, bendato, alla prova di un percorso tra ostacoli e rumori che lo conduce sino all’ingresso della loggia, da ovest verso est (dove è seduto il ‘maestro’), passando su un tappeto in cui sono disegnati i simboli che accennano alla leggenda o ai fini dell’ammissione.