L’esoterismo di Dante
L’esoterismo di Dante
E’ un saggio pubblicato nel 1925 da Renè Guénon il quale sostiene che Dante Alighieri sarebbe stato membro di un ordine iniziatico e che, scrivendo la Divina Commedia, avrebbe voluto lasciare ai lettori della sua opera un messaggio dottrinale nascosto nei versi.
Il messaggio nascosto nel poema sarebbe ricco di parallelismi massonici ed ermetici e, come tale, potrebbe essere letto e capito solo dagli iniziati che disporrebbero delle giuste chiavi di lettura dei testi sacri ed antichi. A partire dai versi dell’inferno:” O voi ch’avete li ‘ntelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde sotto ‘l velame de li versi strani”. L’autore ritiene che coloro che posseggono li ‘ntelletti sani sarebbero gli «iniziati», i quali potrebbero scoprire la dottrina insita sotto il velame del poema.
L’esoterismo di Dante
Riuscire a dare una risposta esauriente sull’argomento è molto difficile per la complessità del personaggio di cui stiamo parlando. Per conseguenza mi limiterò a pochi interventi affinché con la vostra collaborazione e con lo strumento del libero dibattito ci si possa inoltrare alla ricerca della comprensione esoterica del sommo poeta.
Sono pochi i dubbi rimasti sull’iniziazione esoterica di Dante Alighieri.
Le sue opere, lette con occhio attento e senza pregiudizio, portano a conferma non solo della sua adesione al gruppo esoterico dei Fedeli D’amore ma anche all’appartenenza all’ordine dei Templari.
Parto dal presupposto che le opere dicono chi è l’uomo e ne annunciano le sue caratteristiche iniziatiche.
Una delle condizione necessarie affinché si possa parlare di un corretto processo iniziatico, è l’idoneità del candidato a ricevere l’influsso spirituale conferito ritualmente da una organizzazione Tradizionale. In altre parole è necessario che il recipiendario sia una buona pietra grezza adatta ad essere levigata.
A questo proposito la migliore descrizione di Dante quale pietra grezza è donata dal poeta stesso nel quarto canto dell’inferno. Dante è un iniziato nell’uso della parola. Nel Limbo sono collocati i quattro grandi poeti dell’antichità: Omero, Orazio, Ovidio e Lucano. Essi, appena lo vedono, riconoscono Lui quale sesto poeta tra i grandi dell’antichità. Il quinto è Virgilio. E lo accolgono tra loro attorno a un fuoco luminoso. Poi, oltrepassate le sette mura e le sette porte che conducono dentro il castello, troviamo anche gli eroi e i sapienti: ovvero coloro che rappresentano la forza necessaria per sostenere le proprie idee. E i sapienti, coloro che spiegano la vita, posti un po’ più in alto di tutti. La Bellezza della parola la Forza per sostenerla e la Sapienza come bene comune.
Sono numerosi gli abitanti del castello e vengono indicati dal poeta con una lunga elencazione che sottolinea lo scibile umano e il suo modo di porsi al sevizio della verità.
Il castello si presenta con sette mura e sette porte, numeri simbolici che rappresentano le sette virtù liberali. E qui c’è la luce che non è quella di Dio ma la luce della loro stessa sapienza.
Senza alcuna pretesa di sistematicità, Dante è interessato più a sollevare questioni che a offrire risposte. Procedo ad una esposizione del simbolismo insito in alcuni temi cruciali della Commedia: i tre mondi, i numeri, il tempo. Ecco allora che l’Inferno appare come ricapitolazione degli stati che precedono logicamente lo stato umano e manifestazione delle possibilità di ordine inferiore che l’essere porta ancora in sé. Il Purgatorio come prolungamento dello stato umano e il Paradiso come ascesa agli stati superiori dell’essere, mentre il «mezzo del cammin di nostra vita» diventa occasione per una magistrale spiegazione del «centro» secondo un simbolismo che si riflette con perfetta simmetria nel tempo e nello spazio, nella dottrina dei cicli cosmici basata sulla precessione degli equinozi e nella struttura tripartita dell’universo dantesco.
Le tre guide di Dante: Virgilio rappresenta la ragione umana, infatti il poeta latino guiderà Dante nell’inferno e nel purgatorio ma non sarà in grado di accompagnarlo nella salita al paradiso. Questo sottolinea come l’uomo non possa affidarsi solo alla razionalità per conoscere i misteri del mondo. La vera conoscenza deriva solamente dalla consapevolezza dei confini della mente umana che solo affidandosi alla Grazia Divina potrà comprendere la grandezza del grande disegno e del manifestato.
La seconda guida è Beatrice.
Ella è un soggetto attivo, la ritroviamo già nel secondo canto dell’inferno quando supplica Virgilio di fare da guida al sommo poeta. Ma il suo trionfo come figura salvifica è ben sottolineato nel trentesimo canto del purgatorio quando arriva su carro trainato da angeli simbolo della chiesa. La donna ha il viso avvolto da un velo bianco e sul suo capo è posta una corona d’ulivo. L’abito è rosso e sopra di esso porta un mantello verde. I colori non casuali delle tre virtù teologali. Virtù indispensabili per affrontare le nove lune del paradiso dei cieli. Che grazie a lei e ciò che rappresenta si può rivelare a Dante e potranno essere finalmente apprese a pieno dal poeta.
San Bernardo.
Il santo prende il posto di Beatrice e riferisce a Dante che è stato chiamato proprio da Beatrice per fargli da guida nel suo percorso di conoscenza.
Il santo mostra a Dante la Vergine Maria, spiega la posizione dei beati nella rosa e il gran numero dei bambini fra i beati. I quali sono tra i beati non per il loro valore ma per intercessione della Grazia Divina.
Guénon sostiene che le tre cantiche della Divina Commedia rappresenterebbero un percorso iniziatico:
L’Inferno rappresenterebbe il mondo profano, ovvero abitato da persone che non avrebbero ricevuto l’iniziazione. Io concordo con questa affermazione, esso rappresenta il male dell’incontinenza e della furbizia. Ovvero la consapevolezza del male.
Il Purgatorio riferirebbe le prove iniziatiche ed è per questo che mi voglio soffermare maggiormente. A mio parere il vero esoterismo della divina commedia comincia con il Purgatorio. Il luogo più vicino alle possibilità del riscatto umano. Mentre l’Inferno rappresenta uno stadio di perdizione senza possibilità di rinascita, il Purgatorio, pur riproponendo gli stessi peccati dell’incontinenza, ha una interpretazione salvifica attraverso la volontà di superamento del male.
Ma in particolare voglio soffermare la mia presentazione su un punto molto preciso del viaggio dantesco.
Esattamente alla porta del purgatorio. Il punto che suddivide due momenti esoterici fondamentali, Il primo di preparazione come il gabinetto di riflessione. Luogo in cui rinchiudiamo i nostri aspiranti iniziati a riflettere su tutto ciò che è stata la loro esistenza e per conseguenza a morire per rinascere nel mondo per il miglioramento di se stessi. E’ la rinascita vera e propria. Tutto il purgatorio ne è un esempio. Dante ce ne dà una interpretazione mascherata molto religiosa. Ma noi siamo donne e uomini che hanno confidenza con il velame e li versi strani.
Questo fino al raggiungimento della prima parte del Purgatorio che comprende atteggiamenti e possibilità di salvezza in cui ogni anima si può riconoscere e scegliere la via, il tempo e le modalità per la salvezza. Il luogo dove risiede il desiderio che sta alla base dei danni dell’uomo nella vita terrena. Ora esso mostra la faccia onesta: ovvero lo spirito creativo e libero che ognuna delle possibilità ha come caratteristica di sostegno all’uomo. La porta del purgatorio simboleggia il sacramento della penitenza ovvero la purezza d’animo che il profano deve raggiungere come condizione di cuore. Quindi i tre gradini che separano alla porta rappresentano le tre condizioni ideali per poter superare il confine tra i due mondi del prima e del dopo. La Contrizione del cuore, La Confessione a parole e La Soddisfazione per mezzo delle opere. La condizione ideale per affrontare l’iniziazione.
Il primo gradino è di marmo bianco perché la Contrizione toglie ogni macchia dal cuore. Il secondo è di colore oscuro e nereggiante una conglomerazione di pietruzze, perché la Confessione orale svela le macchie del cuore e ne rompe la durezza. Il terzo gradino è una massa compatta ed è di colore rosso acceso come il sangue delle vene. Ha in sé l’ardore della Carità Cristiana, una Soddisfazione di amore di Dio per il prossimo. L’angelo pontiere vestito di una tunica color cenere sta seduto sulla soglia e tiene un piede sull’ultimo scalino, quello della Carità, per indicare che i suoi atti debbono essere informati a questa che è la massima delle virtù.
Virgilio, che in senso religioso rappresenta la ragione mossa dalla Grazia, aiuta Dante a salire i tre gradini e lo invita a chiedere con umile e ardente preghiera che gli venga aperta la porta. Cioè che gli venga impartita l’assoluzione. E gettatosi ai piedi dell’angelo si batte tre volte il petto accompagnando il gesto con le rituali parole: mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa.
Da qui riceve le sette P a completamento del rito da cui si deve liberare durante la sua purgazione per rinascere a nuova vita. (Un piccolo inciso per un mio punto di vista e per i fratelli che riportano l’idea di reincarnazione. È questa a mio parere, l’unica vera possibilità di poter essere un uomo nuovo. E non solo una volta sola ma più volte. Tutti i personaggi che si incontrano nel purgatorio sono possibilità di rinascita). Dante nel suo viaggio affronta tutti i sette vizi capitali quelli minori di cui soffre, sono i più distanti a quello maggiore dei suoi danni: la lussuria nell’ultimo cerchio prima dell’incontro con Matelda nel paradiso terrestre. Luogo in cui termina la ragione e comincia la fede.
Mi soffermo ancora un attimo sulle chiavi d’oro e d’argento che usa l’angelo pontiere, per aprire le porte del Purgatorio a Dante e Virgilio. La prima sta a rappresentare il regno dei cieli per cui l’autorità conferita da Dio. Perché è Dio che concede l’assoluzione. Ma è con lo strumento della scienza che viene esaminato il peccatore per cui volutamente viene utilizzata la chiave d’argento.
Entrambe le chiavi sono necessarie per entrare nel regno della purificazione. Perché come avviene per le nostre tegolature, se l’esaminatore difetta di scienza o di autorità, la tegolatura è inefficace.
Per conseguenza, se la chiave d’oro è più preziosa, la chiave d’argento esige molta arte di ingegno, cioè perizia ed acume, perché fa luce nella coscienza del peccatore sciogliendo il nodo del peccato.
Il Paradiso sarebbe la residenza degli «illuminati».
Nel «regno degli illuminati» Dante cita i Principi Celesti, che sarebbero identificabili con uno dei gradi della Massoneria scozzese, e il grado di «Scozzese trinitario» sarebbe riferito al numero Tre ricorrente nel poema dantesco e riferito alla Trinità.
Lo stesso numero tre comparirebbe inoltre ripetutamente nel percorso iniziatico: tre sono i principi massonici (libertà, uguaglianza e fratellanza), tre le virtù teologiche: (fede, speranza e carità) e non ultimo, tre gli elementi alchemici (zolfo, mercurio e sale), necessari per creare la «Grande Opera«. E permettetemi di aggiungere quelli che io ritengo i veri punti cardini del nostro processo massonico: La Bellezza, La forza; La Sapienza.
Guénon sottolineava inoltre che il viaggio di Dante attraverso i mondi o cicli cosmici avviene durante la settimana santa, cioè nel momento dell’anno liturgico che corrisponde all’equinozio di primavera, il periodo riservato alle iniziazioni dei Catari. Cito questo passaggio semplicemente per il forte legame esoterico tra il catarismo e la setta dei Fedeli D’amore. Entrambi sia Cavalcanti che Dante erano molto vicini alle sue operosità.
Il tempo esoterico della Divina Commedia.
Nel bel mezzo del cammin di NOSTRA vita MI ritrovai per una selva oscura che la retta via era smarrita.
A noi interessa rilevare l’alternanza tra l’aggettivo possessivo “nostra” e il pronome personale “mi”, che indica come la condizione personale di dante si celi in realtà la condizione dell’umanità. Questo espediente narrativo formidabile facilita l’identificarsi del lettore di ogni tempo nel Dante personaggio. D’ora in poi tutto ciò che Dante dirà della sua avventura, ognuno di noi lo vedrà in qualche modo riferito a se stesso.
Inoltre, vale la pena notare che la retta via per dante è smarrita, cioè temporaneamente persa di vista. Non perduta. Vale a dire non persa irrimediabilmente. Anche ad una condizione negativa, c’è rimedio purché se ne acquisisca la consapevolezza.
SM