Dialogo ipotetico fra la statua di Giordano Bruno e un viandante, in Campo de’ Fiori, a Roma
Non per tutte le persone che transitano in Campo de’ Fiori a Roma la figura di Giordano Bruno, a cui in quella piazza è dedicato un monumento, dice qualcosa, purtroppo. Di Giordano Bruno, molti altri conoscono, chi poco e chi molto, la storia e il pensiero, essenzialmente per quello che si racconta di lui nei libri. Ma se oggi Giordano Bruno potesse dirci qualcosa di sé e potesse soprattutto dirlo a chi non lo conosce, cosa direbbe? Qui si lascia a lui la parola, affinché porti all’attenzione di chiunque – viandante nel mondo – voglia ascoltare il suo messaggio sempre attuale di “uomo libero e di buoni costumi” e di martire dell’onestà intellettuale e della coerenza con cui ha difeso la sua indipendenza dal potere secolare nell’affermare la libertà del pensiero e della ragione.Un messaggio più che mai attuale nel frastuono della devastante irrazionalità dei nostri tempi.
O viandante che per questi luoghi passi, sosta un attimo su questa Piazza e volgi a me lo sguardo. Se il tuo cuore resta attento e predisponi il tuo animo al silenzio, sono certo che tua anima sentirà il mio sussurro che incessantemente affido al vento che mi accarezza in queste bronzee sembianze.
Il mio parlarti sarà un dialogo senza parole perché sia le anime che le statue – per chi sa ascoltarle entrambe -, parlano utilizzando il linguaggio delle emozioni, delle sensazioni, delle percezioni, ma, anche se volessi tentare di parlarti come tu sei aduso ad intendere, non potrei proprio farlo, perché, in segno di ulteriore dileggio e umiliazione, la mia bocca è stata sigillata dai miei carnefici prima del mio supplizio con una stretta mordacchia per impedirmi di farlo.
Comunque, se riesci ad acquietare il frastuono assordante della profanità, del mondo dei sensi e del vociare quotidiano del mercato che ai piedi di questa mia statua si desta ogni mattino, aggiungendo vita alla vita, potrai scoprire la dolcezza con cui fluiranno sensazioni e pensieri nel tuo silenzio interiore.
Apri il cuore, predisponi lo spirito e ascolta, dunque…
Il mio nome, in quella vita, – fra le tante altre che ho vissuto fino a quella data – e che scelsi di vivere nascendo a Nola, nei pressi di Napoli, nel 1548, era Filippo Bruno ma, entrando nell’Ordine domenicano, assunsi quello di Giordano, con cui sono universalmente meglio conosciuto.
Quello che qui vedi è il monumento che mi è stato dedicato e che fu inaugurato, per la precisione, il 9 giugno 1889, giorno di Pentecoste, a circa 300 anni dalla mia dipartita fisica da questa dimensione umana – passaggio più conosciuto con l’impreciso termine di “morte” -, cosa che avvenne il giorno di giovedì 17 febbraio dell’anno di grazia 1600, qui, proprio qui, sul selciato di questa piazza di Roma che si chiama Campo dei Fiori e che, per secoli, è stata il principale palcoscenico delle esecuzioni pubbliche.
Da qui moltissime anime si sono distaccate dal corpo fisico in cui dimoravano, in maniera violenta, in modo feroce e cruento, chi lasciando la vita terrena fra le bestemmie e lanciando le sue ultime maledizioni verso il cielo, altri, invocando lo stesso cielo, ma con l’anelito della preghiera e lasciando le sue benedizioni!
In questo luogo, destinato dalla Chiesa ad arena di supplizio ed in cui la “Santa” Inquisizione fece eseguire centinaia e centinaia di esecuzioni capitali, facci caso, gira il tuo sguardo e osserva, Campo de’ Fiori è l’unica piazza storica di Roma dove non è presente una chiesa!
Strano, vero? Nel luogo dove la “Santa” Inquisizione bruciava gli eretici cercando attraverso il fuoco di purificare il loro spirito, così che si potessero opportunamente pentire per riunirsi a Dio, non si è voluto mettere una Chiesa a cui rivolgere l’ultimo sguardo nel momento del distacco!
Sarà anche per questo che in questa piccola piazza e nelle sue stradine vicine si continua ancora oggi a respirare una atmosfera particolare, insolita, un misto fra storia, spiritualità e esoterismo, fra energie che si percepiscono come ancora presenti e che continuano a contrapporsi nella eterna lotta fra il lato “positivo” e il lato “negativo” dell’umana dimensione, fra quelle polarità vibrazionali ed energetiche, psichiche e mentali che producono, rinnovano e alimentano l’AMORE, l’UNIONE e il PERDONO e quelle polarità vibrazionali ed energetiche, psichiche e mentali opposte che producono, rinnovano e alimentano l’ODIO, la DIVISIONE e la VENDETTA, meglio sintetizzate coi termini di “bene” e di “male”.
Qui, fra i tanti altri miei fratelli di supplizio che ebbero la stessa sorte, il mio corpo fu arso vivo sul rogo, il giorno che già ti dissi, il 17 febbraio del 1600, per ordine del Tribunale dell’Inquisizione della Chiesa cattolica, con la principale accusa di eresia essendo le imputazioni mossemi quelle di: dubitare della Trinità, della divinità di Cristo e della transustazione, di voler sostituire alle religioni particolari la religione della ragione come religione unica e universale e di affermare che il mondo è eterno e che vi sono infiniti mondi.
Sappi che ognuno di noi viene al mondo con una missione da compiere, con un compito da svolgere e portare a termine e questo, se ti piace il termine, puoi chiamarlo destino. Io scelsi in quella vita di impersonificare un SIMBOLO, una figura che potesse restare incisa nell’immaginario collettivo e attraverso la quale potessero trovare espressione le tensioni ideologiche e culturali delle epoche a venire; come citato nelle scritture, sono venuto per essere, come molti altri prima e dopo di me, “lievito per la terra”, un “seme che per dare frutto deve prima morire”; così, nel tempo, non ho mai cessato di essere quel simbolo che è stato mio compito divenire.
Certamente un simbolo del libero pensiero per gli “illuministi”, ma anche di una prepotente volontà anti-intelletualistica per i “romantici”, così come dell’anticlericalismo per il “pensiero laico” del Novecento o della lotta contro l’arroganza di un potere ottuso e oscurantista per tutti “gli uomini liberi e di buoni costumi”- è così che vi chiamate voi Framassoni, è vero? – e per i quali, dalla seconda metà del 1800, divenni una bandiera ufficiale e, ti gratifichi il saperlo, se dovessi tornare a nuova vita reincarnandomi, certamente contemplerei nel mio Piano Vitale l’adesione alla Massoneria.
Ma, forse, il ruolo che più mi è stato gradito interpretare è stato quello di sintesi fra uomo di scienza (in quanto filosofo e scrittore) e uomo di Dio (in quanto frate domenicano), dimostrando che i due ruoli possono coesistere ed integrarsi in un UNO senza contraddizioni, senza disunione, o disarmonie, come invece ancora oggi molti vogliono ostinarsi a far credere, più per continuare a detenere spazi di potere che per genuina loro convinzione; chi si incammina sulla strada della conoscenza della natura, del mondo e dell’universo, si incammina sulla stessa strada della conoscenza di Dio.
Non esistono strade diverse, vi è una sola via, perché Dio è il “Tutto che è in Tutto”.
Come ti dissi, la mia esecuzione è stata voluta essere ricordata da questo monumento in bronzo posto nel centro di piazza Campo de’ Fiori su iniziativa del poeta Pietro Cossa ed opera dello scultore – e anche lui come te, massone – Ettore Ferrari, come momento finale di un travagliato iter che vide il suo avvio con la costituzione di un Comitato promotore (di cui facevano parte, fra gli altri, Victor Hugo, Silvio Spaventa, Henrik Ibsen, Ernest Renan e Walt Whitman) per concludersi nel 1888 con il parere favorevole dell’allora capo del governo, Francesco Crispi, che affermò di “aver voluto imprimere su Roma il suggello della modernità” in quanto capitale del Regno di Italia ormai sottratta al potere papale. Quella lotta fu il momento catalizzatore di tantissime energie fresche, innovatrici, giovani – ci furono addirittura scontri con gli studenti che difendevano questo progetto dal conservatorismo becero e oscurantista – fino a che, il 19 giugno 1889, giorno di Pentecoste, il monumento venne inaugurato e il Papa Leone XIII°, che aveva addirittura minacciato di lasciare Roma, rimase l’intero giorno a digiunare inginocchiato davanti alla statua di San Pietro, pregando contro “la lotta ad oltranza contro la religione cattolica”.
Devi inoltre sapere, caro viandante, che questa statua che mi raffigura, in segno di ammonimento alla Chiesa, a rivolgere il volto in direzione della Città del Vaticano, originariamente non era stata pensata così come la vedi.
Il suo ideatore e scultore, infatti, il “fratello” Ettore Ferrari, intendeva raffigurarmi con la mano e l’indice puntati verso il Vaticano, come simbolo di accusa, rappresentandomi in atto di sfida davanti all’Inquisizione, ma poi ripiegò sul soggetto meno aggressivo di un me stesso pensoso, che comunque volge lo sguardo serio sempre verso la sede del papato e, in verità, con buone ragioni.
Devi su questo opportunamente valutare alcuni fatti: fino ad oggi la Chiesa, con umiltà ma anche con dignità, ha chiesto scusa al mondo per molti errori compiuti nel passato: dagli eccessi dell’inquisizione alla discriminazione degli ebrei, ed anche alla persecuzione, spesso mortale, di scienziati e pensatori non allineati con il suo Credo ufficiale come, ad esempio, per Galileo.
Lui, però, con una formale ritrattazione del Vaticano fatta dal Papa Giovanni Paolo II° il 31 Ottobre 1992 – anche se dopo ben 359 anni, 4 mesi e 9 giorni -, è tornato ad essere nuovamente un «figlio legittimo» della Chiesa cattolica con la cancellazione definitiva della sua storica condanna «al silenzio» inflittagli il 22 Giugno 1633 dal Sant’ Uffizio retto, a quel tempo, dal Cardinale Roberto Bellarmino; Cardinale che ben conosco perché decretò la mia condanna al rogo 415 anni orsono.
Sapessi che tipo, il Cardinale, oggi si direbbe che era un “tosto”, ma nel serrato confronto che avemmo sai quante volte ho letto chiaramente nei suoi occhi che il mio argomentare gli aveva messo il dubbio, che oramai condivideva molti dei miei punti di vista ma che, semplicemente, non poteva accettarli per questioni politiche e inerenti il ruolo di Inquisitore che lui rivestiva.
Lui fu “obbligato” a condannarmi per ragioni di Stato, semplicemente perché non poteva affermare che io non ero in torto; ti immagini cosa avrebbe significato per il potere temporale della Chiesa?
E’ questo il senso della frase che dissi quando mi lesse la condanna a morte inflittami dal collegio giudicante da lui presieduto: “Avete forse più timore voi nel pronunciare questa sentenza che io nel riceverla”.
Comunque sia, solo su di me, fino ad ora, la Chiesa ha rifiutato, quanto meno obliato, ogni revisione o pentimento. Questa secolare pervicacia non ha fatto che rafforzare l’aura che porto come martire e simbolo del libero pensiero contro l’oscurantismo e il dogmatismo di una Chiesa che si ostinava a ritenere che fosse il sole a ruotare attorno alla terra e che quest’ultima fosse al centro di tutto il Creato.
Per me, invece, come tu ben sai, la Terra non era che uno degli “Infiniti Mondi”, ma questo ha relativizzato anche la “centralità” della Chiesa terrena e del suo rapporto con Dio; situazione imperdonabile ed inaccettabile per chi amministra un potere e vuole continuare a farlo.
Di me tanto si è detto e molti sono stati i tentativi di “inquadrarmi”, come filosofo e come scienziato ma, in sostanza, tutto il mio pensiero ruota intorno ad un’unica idea: L’INFINITO, inteso come Universo infinito, creato da un Dio infinito, fatto da infiniti mondi, da amare infinitamente.
Per me, Dio è da un lato “trascendente” in quanto supera ineffabilmente la natura, ma nello stesso tempo è “immanente” in quanto “anima del mondo”; questo intendevo quando scrissi che:”una unica forza, l’Amore, unisce infiniti mondi e li rende Vivi”.
In questo senso Dio e Natura sono un’UNICA realtà da amare intensamente, in una inscindibile unità panteistica di pensiero e materia in cui dall’infinità di Dio si evince l’infinità del cosmo e, quindi, la pluralità dei mondi e l’unità della sostanza, per cui pensiero e materia sono due vibrazioni della stessa energia.
Di fatto, un secolo e mezzo prima di me, Dante Alighieri fu ispirato a percepire le stesse verità quando scrisse uno dei suoi più bei versi… “l’Amor che move il sole e le altre stelle” (Paradiso XXXIII, 145) e, analogamente, un secolo e mezzo dopo di me, Bonaventura Trapassi, poeta e sacerdote italiano meglio conosciuto come Pietro Metastasio, anch’egli fu ispirato quando scrisse … “Ovunque il guardo io giro, immenso Dio, ti vedo, nell’opre Tue t’ammiro, Ti riconosco in me. La terra, il mar, le sfere parlan del Tuo potere: Tu sei per tutto, e noi tutti viviamo in Te”. (Matastasio – Arie – XXVI).
Mi sto chiedendo come mai fra i tantissimi viandanti che vedo passar qua sotto, ho sentito di voler comunicare proprio con te; forse perché anche tu da tanto tempo avevi il sincero desiderio di comunicare con me, “da Fratello a Fratello, sotto squadra e compasso”, sicuramente perché esiste fra noi due una assonanza energetica e spirituale, le nostre anime vibrano a frequenze molto vicine, e questo è un fatto certo, che io conosco e che con te ho percepito esserci.
Allora sappi che OGNUNO, ovvero TUTTI, dobbiamo arrivare a scoprire noi stessi attraverso noi stessi, e in questo cammino incontriamo Dio o, come lo chiamate voi, il G.A.D.U., scoprendone le opere, prima fra tutte la più grande, che siamo noi stessi.
Mi sembra che questo pensiero in comune voi lo sintetizziate nell’acronimo V.I.T.R.I.O.L..
Ognuno ha il suo percorso da compiere, il suo viaggio da concludere, ognuno a suo modo; non è importante quale delle infinite strade ognuno di noi prenderà, quanto, e soprattutto, la méta finale cui questa strada ci condurrà che, per noi tutti, si chiama Luce.
Voglio allora farti un regalo, Fratello mio, – se me lo consenti -, e questo mio regalo è nel non dirti quello che di me – o da me – potrai conoscere perché già presente negli scritti che ho lasciato, o in quelli di quei tanti “cultori della filosofia” che hanno cercato nel tempo di interpretarmi spiegando “tutto” di me e del mio pensiero.
Voglio regalarti, invece, quello che c’è dentro al libro di bronzo che nella statua che mi rappresenta e sotto la quale tu ora ti trovi, tengo ben saldo nelle mani, libro che nessuno potrà mai aprire.
Immaginalo come un “Libro Sacro”, per analogia con un altro “Libro Sacro” che tu ben conosci e di cui sai il simbolismo.
Lì dentro, nel “mio libro sacro”, in realtà, non c’e niente, … anzi, scusa, ho sbagliato, c’è tutto!
Infatti, lì dentro, in verità, non c’è niente di quello che tu ritieni sia indegno o ingiusto per un Uomo libero e di buoni costumi e c’è invece tutto di quello che tu ritieni, per contro, sia giusto e degno di un Uomo libero e di buoni costumi; c’è tutto quello che tu vuoi trovarvi scritto, se però accetti che sia la lingua con cui è scritto, la lingua universale dell’Amore, perché questa è la lingua ufficiale con cui parla e si parla con Dio; c’è tutto quello che è stato distillato dal continuo lavorio di levigatura della pietra grezza sotto la “volta celeste” dei nostri Templi, lavoro che ha passato il filtro dei tre setacci del Bello, del Forte e del Saggio, perché il loro miscelarsi sia un tutto unico di “serietà, senno, beneficio e giubilo”.
Voglio però solo darti una primizia, facendoti conoscere cosa c’è – se tu vuoi che ci sia – alla pagina 8, che, combinazione, è il simbolo matematico ruotato di 90° dell’Infinito, concetto a me carissimo; li potrai trovarvi scritto il mio ultimo dialogo con un mio allievo di nome Giovan Francesco Sagredo; ti suggerisco di leggerlo, vedrai, sarà molto istruttivo!
Voglio congedarmi con un saluto che ti è d’uso; con il mio Triplice Fraterno Abbraccio,
Il Nolano
Fonti a cui Giordano ha attinto per raccontare meglio se stesso:
- Wikipedia.org/Giordano Bruno
- “Giordano Bruno e la tradizione ermetica”, di Frances A. Yates, ed. Laterza
- Giuseppe Merlino’s Blog
- www.loggiagiordanobruno.com
- www. Romasegreta.it
ML